Palmieri Giovanni


L’inizio degli studi universitari, nella facoltà Medica-Chirurgica di Bologna, fu presto interrotto da una parentesi bellica, poi venne un congedo, che lo lasciò libero fino all’ 8 settembre 1943, quando le tragiche condizioni create dall’armistizio posero anche a lui, come ad altri giovani, il crudele dilemma, fra servire, attraverso un governo fantasma, l’ ex alleato invasore della nostra patria, o darsi alla montagna. Senza alcuna esitazione scelse la montagna. Egli, che aveva frequentato con assiduità e con profitto le corsie delle cliniche e dei laboratori di ricerca, fu medico partigiano col nome di battaglia di “Gianni”, in una delle più combattive e gloriose Brigate Garibaldine, la trentaseiesima “Bianconcini”.
Fu nel settembre 1944, quando le truppe tedesche, incalzate dagli alleati stavano abbandonando la Linea Gotica, contendendo tuttavia ai partigiani il terreno palmo a palmo. Il battaglione di Guerrino, di cui Gianni era il medico, si era asserragliato in Ca’ di Guzzo, un casolare disperso fra i calanchi, su di un contrafforte dell’ alto Sillaro, a qualche chilometro in linea d’ aria da Belvedere e da Piancaldoli. L’insidia venne di notte. Una compagnia di S.S., guidata da informatori fascisti, si accostò al casolare accerchiandolo. Si aperse da ambo le parti la sparatoria, e in Ca’ Guzzo ben presto incominciò il lavoro pietoso del medico. Un mortaio, dal colle di Belvedere, affiancò l’azione dei tedeschi, buttando all’ aria il tetto del casolare, mentre la pioggia scrosciava a dirotto.
Dopo un’ eroica resistenza di tutta una notte, il comando partigiano decise la sortita, e tale ordine fu trasmesso anche al medico. Ma questi non volle saperne, e da chi gli prospettava la sicura morte che altrimenti lo attendeva, fieramente rispose: “ Qualunque sia il mio destino, il mio posto è qui tra i feriti”.La sortita dei partigiani avvenne in modo spettacolare, non senza perdite gravi da ambo le parti. Quando i tedeschi, sul far dell’alba, vista la bandiera bianca, che i contadini ed alcuni rifugiati in Cà di Guzzo avevano esposto ad una finestra, entrarono nel casolare, trovarono Gianni che stava bendando un giovanissimo ferito accecato da una pallottola. A Gianni fu offerta una possibilità di salvarsi poiché fu inviato quale ambasciatore ad un altro casolare non distante, per patteggiare la resa con un gruppo di partigiani: se egli non fosse ritornato, tale era stata la minaccia, tutti i feriti, rimasti come ostaggi, sarebbero stati fucilati. E Gianni tornò. Ma i tedeschi fecero ugualmente una strage di partigiani e non partigiani, ammassandoli in una fossa comune.
Gianni fu tenuto in vita, perché medico, per curare i feriti tedeschi, che frattanto erano stati trasferiti in un casolare più basso, a Le Piane. Ma il mattino del terzo giorno, il 30 settembre 1944, quando l’ opera del medico parve finita, egli fu freddato con una palla in fronte, prima che i suoi carnefici in ritirata abbandonassero la posizione. Il suo corpo fu abbandonato in un calanco e per vario tempo rimase disperso, finché non fu per caso rinvenuto e ricomposto dall’affettuosa pietà di alcuni amici e colleghi del padre, allora ignaro della sorte del figlio.
Alla memoria di Gianni Palmieri fu decretata la medaglia d’oro al valore militare.