Palmieri Giovanni

Giovanni Palmieri nacque a Bologna il 16 dicembre 1921 da una famiglia di professionisti. Il nonno materno, Giulio Cesare Pietra fu un noto pittore e restauratore. Il nonno paterno, Giovanni Battista, fu avvocato e studioso di storia del diritto romano, a cui si deve la scoperta e l’ edizione della prima opera nota del grande Irnerio. Dal padre Giangiuseppe, medico insigne e pioniere della radiologia italiana, trasse l’amore per la Medicina, alla quale volle dedicarsi, dopo una brillante carriera di studi secondari interamente percorsa nel Liceo Ginnasio “Luigi Galvani”, frequentato fra gli anni scolastici 1932/1933 e 1937/1938. I suoi insegnanti lo ricordavano come uno dei migliori allievi, non solo per l’ acutezza e la profondità dell’ingegno, ma anche per la gentilezza dell’animo che lo rendeva particolarmente amato dai compagni.



L’inizio degli studi universitari, nella facoltà Medica-Chirurgica di Bologna, fu presto interrotto da una parentesi bellica, poi venne un congedo, che lo lasciò libero fino all’ 8 settembre 1943, quando le tragiche condizioni create dall’armistizio posero anche a lui, come ad altri giovani, il crudele dilemma, fra servire, attraverso un governo fantasma, l’ ex alleato invasore della nostra patria, o darsi alla montagna. Senza alcuna esitazione scelse la montagna. Egli, che aveva frequentato con assiduità e con profitto le corsie delle cliniche e dei laboratori di ricerca, fu medico partigiano col nome di battaglia di “Gianni”, in una delle più combattive e gloriose Brigate Garibaldine, la trentaseiesima “Bianconcini”.

Fu nel settembre 1944, quando le truppe tedesche, incalzate dagli alleati stavano abbandonando la Linea Gotica, contendendo tuttavia ai partigiani il terreno palmo a palmo. Il battaglione di Guerrino, di cui Gianni era il medico, si era asserragliato in Ca’ di Guzzo, un casolare disperso fra i calanchi, su di un contrafforte dell’ alto Sillaro, a qualche chilometro in linea d’ aria da Belvedere e da Piancaldoli. L’insidia venne di notte. Una compagnia di S.S., guidata da informatori fascisti, si accostò al casolare accerchiandolo. Si aperse da ambo le parti la sparatoria, e in Ca’ Guzzo ben presto incominciò il lavoro pietoso del medico. Un mortaio, dal colle di Belvedere, affiancò l’azione dei tedeschi, buttando all’ aria il tetto del casolare, mentre la pioggia scrosciava a dirotto.
Dopo un’ eroica resistenza di tutta una notte, il comando partigiano decise la sortita, e tale ordine fu trasmesso anche al medico. Ma questi non volle saperne, e da chi gli prospettava la sicura morte che altrimenti lo attendeva, fieramente rispose: “ Qualunque sia il mio destino, il mio posto è qui tra i feriti”.La sortita dei partigiani avvenne in modo spettacolare, non senza perdite gravi da ambo le parti. Quando i tedeschi, sul far dell’alba, vista la bandiera bianca, che i contadini ed alcuni rifugiati in Cà di Guzzo avevano esposto ad una finestra, entrarono nel casolare, trovarono Gianni che stava bendando un giovanissimo ferito accecato da una pallottola. A Gianni fu offerta una possibilità di salvarsi poiché fu inviato quale ambasciatore ad un altro casolare non distante, per patteggiare la resa con un gruppo di partigiani: se egli non fosse ritornato, tale era stata la minaccia, tutti i feriti, rimasti come ostaggi, sarebbero stati fucilati. E Gianni tornò. Ma i tedeschi fecero ugualmente una strage di partigiani e non partigiani, ammassandoli in una fossa comune.
Gianni fu tenuto in vita, perché medico, per curare i feriti tedeschi, che frattanto erano stati trasferiti in un casolare più basso, a Le Piane. Ma il mattino del terzo giorno, il 30 settembre 1944, quando l’ opera del medico parve finita, egli fu freddato con una palla in fronte, prima che i suoi carnefici in ritirata abbandonassero la posizione. Il suo corpo fu abbandonato in un calanco e per vario tempo rimase disperso, finché non fu per caso rinvenuto e ricomposto dall’affettuosa pietà di alcuni amici e colleghi del padre, allora ignaro della sorte del figlio.
Alla memoria di Gianni Palmieri fu decretata la medaglia d’oro al valore militare.